10 Novembre 2007 - I dati dell’indagine, condotta dall’ACRI in collaborazione con Ipsos, mostrano come la situazione di pessimismo porti ad agognare il risparmio, anche se spesso gli intervistati dichiarano che non rimangono loro sufficienti risorse da destinarvi.
Rispetto all’impiego che se ne fa si conferma una costante propensione alla liquidità, che caratterizza quasi 2 Italiani su 3.
E’ emersa una riduzione di attrattività dell’investimento nel mattone ( dal 70% al 55% ) a vantaggio di quelli che fra gli strumenti finanziari sono considerati i più sicuri – quali titoli di stato, certificati di deposito, obbligazioni e libretti di risparmio – preferiti dal 25% del campione rispetto al 13% del 2006.
Nel compiere le loro scelte di investimento il 38% degli Italiani sembra essere attratto dalla solidità dell’investimento, intesa soprattutto come solidità di reputazione del soggetto che lo propone; mentre il 27% concentra la propria attenzione su una valutazione della rischiosità del singolo investimento. Solo il 18% dichiara di considerare come elemento principale di valutazione la redditività, e solamente il 3% compie le proprie scelte tenendo presente lo sviluppo dell’Italia.
C’è comunque una bassissima fiducia nel sistema di leggi, regole e controlli in Italia: per il 69% sono del tutto inefficaci; ancor più preoccupante è la visione prospettica: il 52% ritiene che la situazione andrà sempre peggio ( questo dato è in aumento negli ultimi tre anni ). Solo il 26% è fiducioso nel futuro ( comunque in calo di 11 punti percentuali sul 2006 ): in particolare maggiormente fiduciose sono le persone che hanno azioni e fondi ( 33% ) e, soprattutto, coloro che hanno fiducia nell’Unione Europea ( 46% ).
La bassa fiducia complessiva può spiegare la scarsa propensione a trasferire il Tfr ( trasferimento di fine rapporto ) dall’azienda ad un fondo.
Rispetto alla recente legge c’è un buon livello di informazione ( il 62% dei cittadini si ritiene informato, percentuale che raggiunge il 97% tra i dipendenti del settore privato ), anche se tale informazione non ha indotto atteggiamenti differenti rispetto al 2005 circa la destinazione ottimale del Tfr. Il 55% dei dipendenti privati del campione continua a ritenere che la soluzione ideale sia lasciarlo in azienda ( dato pressoché analogo al 58% espresso dal totale della popolazione italiana ), il 38% ritiene preferibile assegnarlo ad un fondo, la quota restante non si pronuncia.
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